La storia di una donna la cui vita è stata distrutta da un errore medico. Un ospedale, una diagnosi sbagliata. Cosa è successo alla paziente successivamente.
Sarebbe bello se la vita potesse essere fatta solo di cose positive senza minima sofferenza. Tuttavia il dolore fa parte dell’esistenza ed i giorni terreni sono caratterizzati anche da avvenimenti drammatici. Alcuni eventi possono cambiare il corso della vita senza ritorno. Ed è ciò che è accaduto a Elena Maria, una donna, la cui vita è cambiata in seguito ad una diagnosi sbagliata.
Elena Maria è una donna con una vita normale, un buon lavoro ed una famiglia. Le viene diagnosticata una patologia non grave, la trombocitemia essenziale, curabile con la somministrazione di cardioaspirina. In seguito ad una gravidanza, il suo specialista inizia ad allarmare la donna. Entriamo nel dettaglio della storia.
Il medico le dice senza mezzi termini che la sua patologia sta progredendo e che si sta trasformando in mielofibrosi. Elena vede la sua vita sgretolarsi. Ha cinquant’anni, una figlia di sei e non vuole assolutamente arrendersi alla malattia. Decide di recarsi in un ospedale romano, il Sant’Eugenio. In tale struttura viene accolta da una dottoressa che le diagnostica una mielofibrosi allo stato terminale.
La prognosi non è affatto rassicurante ed Elena teme per la sua vita. Tuttavia sembra esserci una speranza, un modo per scongiurare il peggio. Una nuova terapia sperimentale che non agisce sui sintomi, ma sulla malattia. Elena Maria accetta, e firma inconsapevolmente una condanna ad un ingiusto quanto evitabile calvario, come riportano le pagine di RomaToday.
Si raccontano tanti casi di malasanità, sui giornali, in tv, per le strade, per i corridoi degli ospedali. Dalle corsie al tribunale si passa attraverso ad un percorso doloroso, in cui la sofferenza penetra non solo nel corpo ma anche nell’animo. I medici possono sbagliare, tuttavia con un errore possono ledere irrimediabilmente la vita delle persone. Una diagnosi sbagliata ha costretto Elena Maria a subire tantissimi danni.
Le viene diagnosticata una brutta malattia, tuttavia curabile grazie ad una terapia sperimentale, così la donna accetta di farsi inserire nel programma, in modo da avere la speranza di guarire. Sebbene si sappia che una terapia sperimentale possa avere delle conseguenze e degli effetti collaterali la paziente non avrebbe mai immaginato l’inferno che di li a poco avrebbe dovuto vivere.
Il protocollo terapeutico ha avvio, ma Elena inizia a stare male. Mesi e mesi di febbre e stanchezza, ma la dottoressa la convince a non mollare. La paziente resiste con la speranza di poter stare presto meglio. Tuttavia la situazione peggiora sempre di più, con dolori forti all’orecchio.
Elena Maria, a causa del farmaco, si ritrova con una parte del volto paralizzata, ha un continuo acufene e mentre mastica produce lacrime invece che saliva. Si tratta di danni permanenti e se oggi sta meglio è solo grazie alle cure di un fisioterapista.
Un dramma nel dramma, poiché dopo essere scappata dall’ospedale Sant’Eugenio, la donna ha appreso di non essere realmente affetta da mielofibrosi. L’ospedale, però, non sembra deciso a risarcire la vittima, la quale ha dovuto sborsare ingenti somme di denaro per rimettersi in sesto.
Sebbene avesse firmato un accordo che garantiva assicurazione per spese mediche in seguito ad eventuali danni, i dirigenti della struttura non hanno risposto ai tentativi di mediazione da parte della donna e del suo avvocato. Ancora un nuovo caso di malasanità che oscura quella buona sanità fatta, invece, di medici e paramedici in gamba e disposti a fare il loro lavoro in modo professionale e corretto. Ancora una vita distrutta, perché Elena Maria sarà pure viva ma la sua esistenza sarà segnata per sempre.
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