Da secoli la parola “cafone” viene utilizzata a Roma e nel basso Lazio per indicare gli abitanti delle campagne, ma dove arriva questa espressione?
Sul fatto che la parola indichi da sempre i contadini poco istruiti non c’è assolutamente alcun dubbio, così come sul fatto che veniva utilizzata dagli abitanti delle città in senso dispregiativo, per indicare appunto persone ignoranti che non venivano percepite come “all’altezza” delle altre.
Un’altra certezza sembra essere l’etimologia della parola. Si suppone che “cafone” venga dalla fusione delle parole che compongono l’espressione “con la fune”. Questo significa che in qualche modo l’immagine di coloro che dalle campagne raggiungevano le città era sempre in qualche modo legata (è proprio il caso di dirlo) all’immagine e all’uso di una fune.
Quello su cui non c’è molta chiarezza è a cosa potesse servire la fune utilizzata dai “cafoni”: le teorie sono molte e alcuni sono certi che si tratti di un’espressione non originaria del Lazio, ma della Campania, dove la parola è più diffusa. Intorno a Roma, infatti, l’espressione più utilizzata per indicare le persone di campagna è “burini”: un’espressione che deriva dall’attività di produrre il burro e andare poi a venderlo in città.
Come nasce il termine “cafone”?
Una prima ipotesi è che, quando decidevano di andare in città, le persone di campagna arrivavano in gruppi piuttosto numerosi e, allo scopo di non perdersi, si legavano tra loro con una lunga corda. Si può solo immaginare quanto potessero essere considerate particolari queste “cordate” di contadini che si affannavano tra le strade di Roma, ma non è detto che la parola “cafone” derivi proprio da questa strana abitudine.
Secondo un’altra ipotesi l’espressione nascerebbe dal fatto che i campagnoli venissero in città con grosse ceste di prodotti agricoli e che, per acquistare la loro merce, i cittadini calassero dai balconi dei panieri legati a lunghe funi.
In alcune zone si dice anche che la fune con cui i contadini andavano sempre in giro era quella necessaria a tenere l’asino affinché non scappasse per le strade di città.
Un’altra teoria ancora lega la nascita dell’espressione alla Campania, dove i lavoratori portuali spesso ripiegavano nel lavoro a teatro quando non trovavano impiego al porto.
All’epoca tutte le pesanti scenografie erano spostate, organizzate e sollevate dal palcoscenico tramite funi e quindi, le persone rozze, poco istruite ma molto forti, erano quelle che lavoravano “con la fune” dietro le quinte per permettere allo spettacolo di andare in scena.