L’Unione contesta all’Italia la forma “discriminatoria” della misura. Ecco che cosa chiede l’UE sull’Assegno Unico
È ancora guerra aperta tra l’Unione Europea e l’Italia per quanto riguarda la corretta esecuzione dell’Assegno Unico. Secondo la Commissione Ue, infatti, vi è da parte del nostro Paese una violazione del principio di parità di trattamento delle persone e dei lavoratori mobili.
Da tempo, infatti, l’Ue ha aperto una procedura di infrazione per il nostro Paese, contestando quella che viene definita una vera e propria forma di discriminazione relativa alle modalità di erogazione della misura. Ma vediamo che cosa sta succedendo e perché per l’Assegno Unico vi è una nuova beffa.
Secondo la Comunità UE, la norma che regola l’Assegno Unico è “discriminatoria”, in quanto esclude tutti quei lavoratori e lavoratrici che non risiedono in Italia da almeno 2 anni o i cui figli non sono residenti in Italia. Inoltre, non possono ricevere l’Assegno Unico nemmeno coloro che non hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato della durata di almeno 6 mesi.
Ad intervenire sulla questione è stata la stessa Cgil, secondo cui è necessario intervenire per correggere queste “criticità significative“. Per il sindacato vi è un danno alle famiglie che restano escluse dalla ricezione dell’Assegno Unico, soprattutto quelle a basso reddito, le quali compongono un gran numero della platea. Nel caso di un dipendente con coniuge e 2 figli di 10 e 12 anni che risiedono all’estero e con percepito nel 2020 è stato di 25.300 euro, ha potuto beneficiare di 160,83€ al mese di Assegno, oltre a 122 euro mensili di detrazioni fiscali. Ma il passaggio all’Assegno Unico ha prodotto una vera e propria beffa, con una perdita al mese di 282,83€.
Per la Cgil l’Assegno unico universale resta una misura di fondamentale importanza e su cui bisogna intervenire al più presto in ottica di risoluzione delle criticità emerse. “È urgente porre un rimedio ad una discriminazione inaccettabile – hanno commentato le segretarie confederali della Cgil Daniela Barbaresi e Maria Grazia Gabrielli – contro cui è intervenuta anche la Commissione europea”. Il sindacato ha quindi annunciato che verranno attivate con il Patronato tutte quelle che sono le azioni necessarie per poter porre fine “a questa discriminazione”.
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